La Juta dei Femminielli, la Candelora e Mamma Schiavona

La Juta dei Femminielli da Mamma Schiavona, la Madonna di Montevergine.
© Alessandro Gattuso

“Cannelora vierno fore, San Biaso viern’ trase”

Prima di parlare de la Juta dei Femminielli, devi sapere che il tempo della Candelora secondo le leggende popolari può predire la fine dell’Inverno. E la Candelora, per te che magari sei sempre l’ultimo a sapere le cose, si tratta della famosa ricorrenza che celebra, il 2 febbraio, la presentazione di Gesù al Tempio dopo 40 giorni dalla sua nascita, dove Simeone si accorge che è lui la luce della rivelazione.
Candelora come festa della luce quindi, in cui il mondo si risveglia dal letargo invernale e comincia a splendere nuovamente, piano piano.

Ecco, il 2 Febbraio è anche il giorno della Juta dei Femminielli da Mamma Schiavona, ovvero la “marcia”, l’andata, il cammino che mescola la devozione sacra per la Madonna di Montevergine con il transgenderismo.
Giusto per, i Femmenielli sono una realtà collettiva propria del territorio partenopeo e campano in genere, che si possono definire come uomini che vivono e sentono come donne.

La Juta dei Femminielli da Mamma Schiavona, la Madonna di Montevergine.
© Alessandro Barone

La Juta dei Femminielli scandisce il tempo, ma andiamo con ordine! In Campania si venerano sette Madonne in sette Santuari diversi, con riti e preghiere differenti. Le sette Vergini prendono il nome dai luoghi a cui sono legate o dagli attributi che le caratterizzano.

La Madonna dell’Arco di Sant’Anastasia a Napoli; la Madonna Pacchiana di Castello di Somma Vesuviana sempre nel napoletano; poi abbiamo la Madonna delle Galline di Pagani (a Salerno); la Madonna dei Bagni di Scafati (Salerno); c’è la Madonna dell’Avvocata di Maiori (in Costiera Amalfitana); abbiamo la Madonna di Materdomini di Nocera Superiore (sempre a Salerno); e infine c’è la Madonna di Montevergine, ad Avellino, detta anche e per l’appunto Madonna dei ‘femminielli’ o Mamma Schiavona, protettrice degli omosessuali.
Le origini dei festeggiamenti per Mamma Schiavona sono pagane e legate al mito di Attis e Cibele. La Juta è
La Juta dei Femminielli da Mamma Schiavona, la Madonna di Montevergine. Pellegrinaggio e canto
© Antonello Naddeo

La Juta dei Femminielli nasce, come ogni cosa, dall’oralità. Il rito si amplifica e diventa il “luogo” dove sopravvive l’umano.

Secondo la storia orale, nel 1256 la Madonna di Montevergine avrebbe miracolosamente liberato due amanti omosessuali, condannati a morire tra i moti, legati a un albero tra lastre di ghiaccio. Il giorno di questo intervento prodigioso sarebbe stato appunto il 2 febbraio.
Ma a noi non interessa sapere se ciò è davvero avvenuto, a noi basta la fascinazione di questa tradizione – ormai secolare – la commozione e l’attaccamento dei femminielli e delle persone LGBTQ+ (non solo campane) verso Mamma Schiavona.
(Guarda il racconto fotografico di Antonello Naddeo)

La Juta dei Femminielli da Mamma Schiavona, la Madonna di Montevergine. Trucco, Trasgender, Tammurriata
© Alessandro Gattuso
In questo rito collettivo il sacro e il profano si mescolano. La Juta dei Femminielli è emblematica di un Sud unico al mondo 

Il Santuario della Madonna nera di Montevergine, incastonato tra i monti del Partenio, domina la valle, e il 2 Febbraio accoglie devoti, fedeli, studiosi e curiosi infreddoliti. È un pellegrinaggio lento e spesso silenzioso quello della Juta, in cui l’emotività e la suggestione dettano il ritmo al passo. Si canta, si danza, s’invoca, si prega. E lo si fa sul sagrato del santuario, dopo l’omaggio all’icona della Madonna.

Dopo aver reso omaggio, le tammorre, i tamburelli, gli organetti e le castagnette guidano tutti verso una meritata liberazione catartica, in questo rito collettivo dove il sacro e il profano si mescolano, come spesso accade a Sud. 
Statt’ bona Maronna mia, l’annu ca ven’ turnamm’ a bini’… Tutti assieme a sta compagnia, statti bona Maronna mia!
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