Prima di parlare de la Juta dei Femminielli, devi sapere che il tempo della Candelora secondo le leggende popolari può predire la fine dell’Inverno. E la Candelora, per te che magari sei sempre l’ultimo a sapere le cose, si tratta della famosa ricorrenza che celebra, il 2 febbraio, la presentazione di Gesù al Tempio dopo 40 giorni dalla sua nascita, dove Simeone si accorge che è lui la luce della rivelazione.
Candelora come festa della luce quindi, in cui il mondo si risveglia dal letargo invernale e comincia a splendere nuovamente, piano piano.
Ecco, il 2 Febbraio è anche il giorno della Juta dei Femminielli da Mamma Schiavona, ovvero la “marcia”, l’andata, il cammino che mescola la devozione sacra per la Madonna di Montevergine con il transgenderismo.
Giusto per, i Femmenielli sono una realtà collettiva propria del territorio partenopeo e campano in genere, che si possono definire come uomini che vivono e sentono come donne.
Secondo la storia orale, nel 1256 la Madonna di Montevergine avrebbe miracolosamente liberato due amanti omosessuali, condannati a morire tra i moti, legati a un albero tra lastre di ghiaccio. Il giorno di questo intervento prodigioso sarebbe stato appunto il 2 febbraio.
Ma a noi non interessa sapere se ciò è davvero avvenuto, a noi basta la fascinazione di questa tradizione – ormai secolare – la commozione e l’attaccamento dei femminielli e delle persone LGBTQ+ (non solo campane) verso Mamma Schiavona.
(Guarda il racconto fotografico di Antonello Naddeo)
Il Santuario della Madonna nera di Montevergine, incastonato tra i monti del Partenio, domina la valle, e il 2 Febbraio accoglie devoti, fedeli, studiosi e curiosi infreddoliti. È un pellegrinaggio lento e spesso silenzioso quello della Juta, in cui l’emotività e la suggestione dettano il ritmo al passo. Si canta, si danza, s’invoca, si prega. E lo si fa sul sagrato del santuario, dopo l’omaggio all’icona della Madonna.